Canto sacro e canto profano nel Purgatorio dantesco
DOI:
https://doi.org/10.58015/2036-2293/621Abstract
Il saggio propone un’interpretazione del panorama musicale del Purgatorio che tiene conto della funzione penitenziale ed espiatoria del canto nella liturgia del Purgatorio e della preziosa lezione di Robert Hollander sull’uso dei salmi nella Commedia. Nella seconda cantica, che media fra divino e umano, depurando quest’ultimo dalle scorie del male, un ruolo importante nel processo di riparazione spirituale è svolto dalla musica, sia sacra sia no, che Dante evoca abbondantemente in tutto il monte del purgatorio. Vera e propria ‘terra di mezzo’ anche musicale, la montagna sacra risuona soprattutto di salmi e inni intonati dai penitenti, e di meravigliose melodie cerimoniali, le beatitudini eseguite dagli angeli, che sottolineano il passaggio da una cornice a un’altra e sanciscono il progresso spirituale del pellegrino. Ma pure in questo ambiente essenzialmente liturgico, risaltano almeno un paio di canti che sembrano disturbare o eludere la funzione taumaturgica dei canti sacri: sono l’esecuzione, da parte del musico Casella (Purgatorio, II), di “Amor che nella mente mi ragiona”, la canzone che apre il terzo libro del Convivio, e il pericoloso episodio musicale della sirena (Purgatorio, XIX). Il percorso di purificazione si completa nel paradiso terrestre con una ricchezza di repertorio e stili nell’esecuzione dei canti che prelude alle polifonie del paradiso.
##submission.downloads##
Pubblicato
Come citare
Fascicolo
Sezione
Licenza
Copyright (c) 2023 Francesco Ciabattoni
Questo lavoro è fornito con la licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.