L'arte di Calabria impone un rinnovamento della critica
Abstract
Quando nel 2002 cercavo di sostenere che la spazialità di Calabria non è caotica, ma allusiva
del caos culturale e ambientale e che per realizzare questo stato di cose egli crea e utilizza suoi
propri spazi topologici, che contengono l’esistenza di ‘attrattori’, cioè di centri d’alterazione, di
manipolazione dei normali spazi della figurazione (quasi si trattasse di una superficie gommosa),
e quindi di centri d’espressione e di valorizzazione materico-plastica del pigmento, non mi
rendevo ancora conto che stavo introducendo nel linguaggio della critica nuove categorie
analitiche e considerando, in generale, la necessità di un rinnovamento della terminologia criticolinguistica,
in grado di affrontare nuovi problemi che la pittura di Calabria veniva portando alla
luce.
Sono in effetti convinto ora che, senza l’immissione, nel linguaggio della critica, di nuove
categorie, o meglio: di nuovi codici,1 oltre quelli che ci sono consegnati dalla tradizione, senza
questo rinnovamento, venga meno la capacità e la possibilità di affrontare la comprensione di
quanto sta attualmente accadendo sul piano formale nell’arte.