@article{Cazalé Bérard_2007, title={Table Ronde}, url={https://testoesenso.it/index.php/testoesenso/article/view/159}, abstractNote={<p>Claude Vigée: il primo compito del traduttore sta nell’ascolto del testo poetico da tradurre<br />(possibilmente ad alta voce) in modo da lasciarsi compenetrare dal ritmo, da condividerne il<br />respiro, la pulsazione per poterlo rendere vivo attraverso il proprio corpo, nella propria lingua,<br />prima ancora di una comprensione vera e propria, o almeno di una consapevolezza razionale:<br />si tratta piuttosto di una esperienza esistenziale che conduce ad una conversione interiore, ad<br />una teshouvah - e come tutte le conversioni, difficile, angosciosa, a volte drammatica o<br />disperata - ma sempre ispirata all’onestà, all’umiltà e alla gratitudine per il dono ricevuto<br />dell’altra lingua, per l’accesso al mistero di un opera in partenza enigmatica, impenetrabile,<br />ostica. Il lavoro, quindi, ha più a che fare con la pratica artigianale, con il savoir-faire, con<br />l’abilità, l’attenzione, l’agilità, il tatto che non con un sapere teorico acquisito nei libri ed una<br />padronanza di tecniche linguistiche fissate a priori. È fondamentale per il traduttore sentirsi<br />“straniero” perfino nella propria lingua, tanto da scoprirne, a contatto con il testo e la lingua<br />da tradurre, nuove potenzialità, armoniche inedite, impensabili prima di quell’incontro: come<br />avviene per il “seme” di un albero staccatosi dal tronco per fecondare un’altra pianta... Non<br />c’è, da parte dell’autentico traduttore, un desiderio di possesso o di dominazione, ma una<br />disponibilità senza riserve al richiamo, alla “vocazione” (si pensi a Giacobbe al guado di<br />Yabbok), un abbandono fiducioso senza restrizioni per una reciproca ed imprevedibile<br />trasformazione.<br />Jean-Yves Masson: l’atto di tradurre non è poi così innocente e disinteressato. Alla base della<br />traduzione, c’è sempre una violenza, un ratto, la volontà di strappare un componimento<br />poetico - ma è analogo per un testo in prosa - alla sua lingua. Pretendere che il testo tradotto<br />sia lo stesso, identico all’originale, non è forse commettere un abuso, mentre la poesia tradotta<br />(tradita?) ha perso molto nel passaggio da una lingua all’altra? Tuttavia, chi non ammettesse<br />quella perdita non potrebbe tradurre. La perdita inevitabile fa parte del processo stesso della<br />traduzione. Nondimeno ci si può chiedere perché imporre ai testi un trattamento così<br />violento? I motivi sono tanti e diversi fra loro. Un primo motivo, in particolare per il poeta<br />traduttore, è quello di assimilare il testo, ma pure di mettere alla prova la sua resistenza: per<br />cui Goethe dichiarava che l’importante in un’opera poetica è quello che resiste alla<br />traduzione. Non è necessario di essere poeta per tradurre la poesia, ma il tradurre è senz’altro<br />un mezzo per scrivere poesia: alcuni poeti sono tali proprio grazie alla traduzione. Un secondo<br />motivo è il desiderio di appropriazione e di sfida suscitato dal fascino o dall’effetto<br />provocatorio del testo: anche se il voler fare suo il testo altrui è un’aspirazione vana, destinata<br />a rimanere frustrata, l’innesto nella propria lingua è sempre l’occasione di un suo<br />arricchimento. Un altro motivo, è il voler tradurre per polemica, contro la propria letteratura,<br />contro le posizioni teoriche e i dibattiti tecnici (nella Francia degli anni ‘75-’80), per cercare<br />“altrove”, nei paesi stranieri (in Italia, in Spagna, in Germania, in Grecia) ispirazione,<br />nutrimento, stimolo estetico, senza escludere l’intento altruistico di accogliere nella propria<br />cultura scrittori stranieri ignorati. Ma il traduttore non può sottrarsi all’assillante, inquietante<br />sospetto nei confronti del proprio lavoro, dell’autore stesso, delle altre traduzioni: onde<br />l’obbligo di tradurre, molto, a lungo, uno stesso autore, in prospettiva e alla luce di tutta<br />l’opera, nell’interazione tra lettura e scrittura (tradurre è leggere scrivendo o scrivere<br />leggendo), tra interpretazione e ricreazione. Per cui, se la traduzione nella sua ambizione<br />totalizzante corre il rischio della vertigine (con perdita per il traduttore della propria identità),<br />soltanto un approccio critico, un preciso progetto ermeneutico e poetico ne garantiscono il<br />valore..</p>}, number={8}, journal={Testo e Senso}, author={Cazalé Bérard, Claude}, year={2007}, month={nov.} }